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#16 - IL RASOIO DI OCCAM

di Fabio Furlanetto e Vick Sebastian Shaw

 

 

 

Mercoledì mattina, New York City. Four Freedoms Plaza, tra la Madison Avenue e la 42esima strada. Al settantaquattresimo piano, la famiglia più strana d’America sta facendo colazione. La Cosa sta ingurgitando una dozzina di frittelle mentre sfoglia il giornale, Franklin sta finendo i suoi cereali e Reed sta studiando dei dati su un microscopico notepad, bevendo la quinta tazza di caffè della giornata.

-Che razza di sviluppo rivoltante ! Tre, dico tre pagine di servizi su Latveria, e non parlano di noi neanche una volta ! Dico, ma dove andremo a finire ?

-Uh-uh.

-Mi sa che la smetto con il Globe… fanno apparire Destino come un santo, a proteggere il suo paese ! Per la miseria, quello una volta ha ipnotizzato l’ONU e ci ha fatto pestare da tutti i rappresentanti mondiali, adesso si mette a fare la voce grossa con uno staterello da niente come la Molavia, e mi vengono a dire che è legittima difesa ! E quegli ispettori dell’ONU allora che ce li hanno mandati a fare il mese scorso ? Ah, ma è tutto a posto perché si è fatto rieleggere dai latveriani, così non lo possono più chiamare dittatore ! Robe da matti, eh Reed ?

-Uh-uh.

-Ma mi stai ascoltando ?

-Uh-uh.

-Perché puoi inventare un mega-frullatore a energia atomica negativa e non riesci a restare concentrato per più di cinque minuti quando parlo io !?

-Uh-uh.

-Dovrete andare in guerra, zio Ben ?

-Ma no, nanerottolo, che ti viene in mente ? Un paio di calci al suo sedere metallico e cambierà subito idea, vero Reed ?

-Uh-uh.

-Franklin, sbrigati o farai tardi a scuola ! – avverte una voce femminile, senza che si possa vedere chi l’ha emessa.

-Ma mamma…

-Niente “ma” ! Devo parlare con la tua maestra oggi, e non voglio fare tardi come al solito !

-Forza, scricciolo. Non ti conviene fare aspettare tua madre, te l’assicuro… giusto, Reed ?

-Spiacente, Ben, ma sono impegnato in complesse equazioni iperdimensionali e mi servirebbe un po’ di silenzio…

-Sì, sempre la solita scusa quando si tratta di tua mo- ehi, far diventare invisibile la colazione non vale !

-Hai già mangiato abbastanza, Ben – chiude il battibecco la Donna Invisibile, afferrando il cibo con un campo di forza e allontanandolo.

-Bah. Scommetto che a Hulk queste cose non succedono…

-Non so Hulk, ma qualcun altro qui sta per superare i quattro quintali. Franklin, andiamo ?

-Sì arrivo… ciao papà !

-A stasera, figliolo – risponde distrattamente lo scienziato.

-Stasera ? Reed, solo tu restavi alle elementari fino alle otto di sera.

-Veramente, Ben, finii le elementari in sei mesi.

-Uh-uh.

-‘ngiorno – si introduce la Torcia, entrando in cucina il più in fretta possibile e con un’espressione decisamente assonnata.

-Toh, guarda chi si vede… che ci fai alzato a quest’ora ?

-Faccio un salto alla Bentley per firmare un paio di contratti.

-Non ti faranno ancora cantare, spero…

-No, la cover in spagnolo di “Burn baby burn” non faceva decisamente per me – risponde mentre si prepara un toast con la mano in fiamme.

-Che contratti, fiammifero ? Non ti sarai messo in testa di smettarla con il super-eroismo e darti al mondo della musica, spero. Già mi tocca sentire la tua ragazza ogni volta che accendo una radio, figuriamoci poi se canti tu !

-Tranquillo, non rinuncio ad un appartamento gratis e ai cattivi da combattere… io non me ne vado in giro per l’America a fare wrestling…

-Touché.

-Ehi, complimenti per il parolone…dove l’hai imparato, sulle confezioni di gelato ?

-Razza di-

-Non ho tempo per giocare, ammasso di mattoni… devo andare a diventare famoso. Reed, lascio il segnalatore acceso se serve.

-Uh-uh.

Johnny corre verso la prima finestra disponibile e si getta di fuori, già in fiamme. La Cosa ripiega con calma il giornale e lo appoggia sul tavolo.

-Hai bisogno di me oggi, Reed ?

-Devo solo cambiare un po’ la disposizione di qualche laboratorio, dovresti aiutarmi a spostare dei macchinari… ma a parte questo no. Devi fare qualcosa ?

-Sì, pensavo di fare un salto da Murdock.

-Il nostro avvocato ? C’è qualche problema ?

-Non proprio. Cioè, non per me, si tratta di un amico…

-Uh-uh.

-Posso farti una domanda, Reed ? So che non ti intendi troppo di legge, ma forse sai qualcosa che sfugge a un mucchio di sassi come me.

-Dimmi tutto.

-Ecco…si tratta di omissione di socc-

-Attenzione. Allarme intrusi: umano non identificato sul tetto. Sistemi di sicurezza in funzione.

-In nome di Zia Petunia, possibile che questo grattacielo sia un porto di mare peggiore di quando abitavamo in un molo !? – si lamenta Ben come al solito, in realtà sollevato per essere riuscito a rimandare il fardello delle proprie responsabilità.

Reed ha già appoggiato il notepad sul tavolo e sta già controllando il problema sul terminale più vicino – a sette metri di distanza, la stessa lunghezza attuale del suo torso.

-C’è uno strano campo energetico sul tetto, qualcosa di familiare. Un momento… “modello offensivo attuato” ? Con quale autorizzazione ? Dobbiamo salire, Ben… chiunque ci sia lassù potrebbe essere incenerito da un momento all’altro !

 

Bronx. Mercoledì mattina. Stessa ora.

Qui e là, diversi scatoloni ci fanno capire che l’appartamento sta per essere lasciato dai suoi occupanti, per una sistemazione migliore, magari. Nella sua cameretta, il piccolo Timothy Jones sta finendo di vestirsi frettolosamente. Qualche metro più in là sua madre sta finendo di preparargli il pranzo al sacco per la scuola. Stamattina il suo piccolo andrà nella sua nuova scuola. Il nuovo lavoro le dà finalmente la possibilità di fargli ricevere un’istruzione come si deve proprio come lei ed il suo povero marito avevano sempre sognato. Quando anni fa si è sposata, lei ed il suo George passavano ore ed ore a fare piani per il futuro loro e dei loro eventuali figli. George voleva fare carriera nella polizia, lei faceva l’infermiera mentre studiava per diventare un bravo medico; avrebbero voluto assicurargli la migliore istruzione e il migliore futuro. Ricorda le notti passate a fare progetti abbracciata alla sua dolce metà sotto le coperte sorseggiando del vino comprato al discount. Suo figlio entra nella cucina: -Timmy hai finito di lavarti i denti ?- chiede la madre premurosa.

-Sì ma’. Ma era proprio necessario cambiare scuola ? Non potrò più vedere i miei compagni…

La donna s’avvicina al figlioletto e si abbassa per guardarlo negli occhi: -Tesoro la nuova scuola è un bel posto, vedrai, ti piacerà ! E poi nessuno ha mai detto che non potrei più invitare o giocare con Jackie e Alonso.

-Oh mamma, ti voglio un mondo di bene !!!

Il piccolo stringe le braccia attorno al collo della madre che trattiene commossa le lacrime.

-Su, su. Andiamo che sennò facciamo tardi. E poi dobbiamo anche passare dall’ufficio della preside Ross.

I due escono dal palazzo e, una volta sull’auto, si dirigono verso la periferia.

 

Tra le molte regole non scritte che valgono in una grande città, quella di farsi i fatti propri è tra le più applicate. I newyorkesi credono fermamente che, in questo modo, anche gli estranei ti lasceranno in pace. Un interessante corollario di questa teoria basata praticamente sul nulla è che le persone con un cappotto vecchio di decenni trovato in un cassonetto ed un odore particolarmente sgradevole vanno assolutamente ignorate, non importa cosa facciano.

Inutile provare a dirgli che fino a pochi giorni fa eravate uno scienziato in una ditta farmaceutica fuori città, e che se non avete un posto per dormire è perché avete atomizzato involontariamente casa vostra. Probabilmente, se sapessero cosa è in grado di fare l’uomo che stanno schivando, non esiterebbero un attimo a scappare in preda al panico. Se lo sapesse lui, riconsidererebbe la propria situazione attuale, riconoscendola come tra le più rosee possibili.

Quest’uomo è Harold Pledgeworth, anche se farebbe fatica ad identificarsi allo specchio dato il suo attuale aspetto, penoso più del solito.

Ora si trova dall’altro lato della strada rispetto al Four Freedoms Plaza, uno dei grattacieli più insoliti della storia, anche più di quanto immaginino i suoi residenti.

Per non impazzire, Harold si è rifugiato nella deduzione scientifica. Anche se gli ha dato ben pochi vantaggi nel corso della sua vita, è pur sempre uno scienziato.

“Sono giorni che tento di contattare il dottor Richards, ma non sono riuscito ad andare molto oltre al parlare con la centralinista. Posso capire che gente così importante non voglia essere disturbata in continuazione, ma che siano così inavvicinabili…è veramente assurdo. Forse meno di tutto il resto, ma… qualcosa non quadra. Dovrei tentare un altro tipo di approccio ?”

Proprio mentre è assorto nelle sue meditazioni, una scia di fuoco lascia il tetto del palazzo, diretto verso uptown.

“La Torcia Umana ! Vuol dire che stanno per partire in missione, probabilmente ! E adesso cosa faccio ? Non mi noterà mai da-“

I suoi pensieri vengono interrotti dall’improvvisa sensazione di allontanare il prossimo più di quanto non stesse già facendo. La folla ammassata sui marciapiedi lo addita invece di ignorarlo, mormorando qualcosa sul fatto che stia volando… Volando !?

Sì, i suoi piedi non toccano più il terreno ! E stavolta, a differenza che nel sonno, non smette di farlo appena se ne accorge. Peccato che la Torcia sia già fin troppo lontana a questo punto. Se solo fosse stato un po’ più vicino al tetto, solo un po’, forse…

Quasi non se ne accorge, ma quando ha finito di esprimere il concetto nella sua mente, è già a destinazione, senza nemmeno aver dovuto pensare al viaggio.

-Ad averci pensato prima, avrei potuto volare davanti all’ingresso per convincerli a farmi entrare. Ma avrei potuto attivare dei sistemi di sicur-

-Questa è un’area ad accesso strettamente riservato. Prego esibire identificazione entro i prossimi quindici secondi.

Harold quasi perde il respiro quando a mezzo metro dalla faccia si ritrova quello che sembra un semplice schermo ovale, circondato però da decine di microscopici sensori e tubi grandi come penne, ma dall’aria decisamente più pericolosa.

-I-io…

-Restano dieci secondi per l’identificazione.

-Mi chiamo-

-Restano cinque secondi.

-Pledgeworth… H-Harold… Pledge-

-Tempo scaduto. Eliminazione intruso entro due secondi.

-Aspetta !!! – grida lo scienziato in rovina, chiudendo gli occhi.

-ntro due secondi ntro due secondi ntro due secondi

Harold riapre le palpebre, e con cautela osserva l’apparecchio che continua a ripetere lo stesso stralcio di frase. Non ha mai visto niente del genere, e non riesce a capire dove possa essere la fonte di energia. La sua mano sfiora lo schermo.

-ondi.

-Aaah !

Centinaia di microscopici aghi di dolore colpiscono la pelle di Harold, che perde l’equilibrio e cade rovinosamente. Se l’impatto fosse stato solo leggermente più intenso sarebbe rotolato oltre il bordo, precipitando al suolo. Ma mentre si rallegra di essere ancora vivo, cosa che fino a pochi minuti prima pensava del tutto impossibile per la sua condizione, capisce anche di non essere stato ferito. Ha sentito il calore sulla sua pelle, ma in qualche modo non il dolore.

Al centro esatto della superficie metallica si apre una paratia, rilasciando un uomo dal corpo deformato in modo impossibile ed un altro ricoperto da uno spesso strato di epidermide pietrosa.

-Ehi amico, tutto bene ? – chiede il mostro, porgendogli la mano per aiutarlo a rialzarsi. Mentre Harold afferra la gigantesca mano arancione, un altro scienziato osserva con la massima attenzione il congegno ormai disattivato.

-Bizzarro. Questo non fa parte dei sistemi difensivi del palazzo, non ne avrei mai progettato uno così sanguinoso. Mi chiedo da dove…

-Non per metterti in crisi, Gommolo, ma non sarebbe il caso di preoccuparsi di questo poveraccio, invece che del tuo ultimo gioco ?

-Hai ragione, Ben. Ci conosciamo, vero ?

-Ci siamo incontrati alla Morrison Pharmaceutics pochi giorni fa.

-Sì, ero stato informato delle sue ultime visite, signor Pledgeworth.

-Si…si ricorda di me ? Nessuno si ricorda mai di me…

-I privilegi di una memoria fotografica. Vogliamo entrare, signor Pledgeworth ? Sinceramente, avrei molte domande da farle.

-E io a lei, dottor Richards.

Lo strano terzetto si incammina verso l’ascensore a pressione negativa, e la Cosa nota qualcosa di raro nell’espressione dell’amico. Preoccupazione.

“La faccia che ha fatto quando ha identificato l’energia sul tetto… Ma che avrà mai di così speciale questo piccoletto ?”

 

Il torreggiante grattacielo che fa da sede principale per la Bentley Records viene illuminato dalla spirale di fiamme che sale sempre di più, fino a fermarsi davanti a una finestra particolare. Se il vostro corpo è stato bombardato di raggi cosmici e può generare plasma a migliaia di gradi, è il modo migliore per svegliarsi.

La mano destra si spegne per poter bussare alla finestra, aperta poco dopo da una giovane ragazza in tailleur.

-Abbiamo una reception, signor Storm – dice con voce seria mentre fa entrare il super-eroe.

-Lo so, lo so, ma non mi piace fare le cose come le fanno tutti gli altri. C’è il signor Bentley ? Ho un appuntamento.

-La sta aspettando nello studio.

Johnny si sistema la giacca sportiva come meglio può, giusto per togliere l’impressione di aver volato a seicento chilometri orari. La segretaria gli apre grande porta, facendo segno di entrare.

“Carina, però. Se non stessi con Thalia…ah, niente da fare Johnny, la monogamia proprio non fa per te”

-Ah, signor Storm ! – lo saluta calorosamente il signor Bentley, il sigaro fumante sempre in bocca – Ce n’è voluto di tempo, per trovare un momento libero per entrambi.

-Sa com’è… mostri metallici, tiranni in armatura, demoni invasori… c’è sempre qualcosa di nuovo.

-Bene, benissimo. Noi vogliamo un pubblico giovane, e ai giovani piace il movimento. Non potevamo trovare qualcuno dalla vita più movimentata della sua !

-Veramente ai giovani piace anche un’altra cosa in particolare, visto il successo dei video di Thalia.

-Ahah ! Siamo proprio in sintonia, noi due. Ecco i suoi contratti, già stilati nei minimi particolari… non le resta che firmare qui, qui…e anche qui in fondo – indica sul foglio con la mano che stringe il sigaro, mentre con l’altra porge a Johnny una penna.

-Accidenti, quanta roba avete scritto. Mi ci vorrà una vita per-

La mano destra del signor Bentley sfiora “accidentalmente” un pulsante del microscopico registratore che tiene sulla scrivania, che inizia a suonare “Do it now” di Thalia Connor.

-Oh, ma che sbadato. Già fatto ?

-Sto leggendo…

-Sì sì, faccia pure con calma.

Il volume della musica si fa sempre più alto, ed il signor Bentley osserva Johnny che fatica a mantenere la concentrazione.

-Oh, ma che importa ? Ecco, ho firmato.

-Benissimo – conclude Bentley sbrigandosi a spegnere il registratore – visto quanto poco è bastato ?

-Già. Senta…quand’è che dovrebbe finire il tour ?

-Non ne ho proprio idea…sa, c’è sempre qualcosa di nuovo di cui occuparsi e non si può seguire tutto… ma può scendere al diciassettesimo piano e chiedere direttamente al suo agente.

-Sì, credo che farò così. E’ stato un piacere, signor Bentley.

Johnny si alza e gli stringe la mano, poi si sbriga ad uscire. Bentley spegne il sigaro e si mette comodo sulla poltrona.

-Ci è cascato in pieno. Avrei dovuto fare l’attore…

 

Nella 4x4 di famiglia, Susan e Franklin si dirigono in periferia verso la nuova scuola del ragazzino.

-Ci sarà anche la signorina Martinez mamma ?

-Sì tesoro, è stata lei ad assicurarmi che si sarebbe presa cura di te nella nuova scuola. Ti ricordi che io e lei siamo amiche fin dalle medie ? Quando ho saputo che insegnava l’ho subito contattata per fare in modo che fosse la tua insegnante.

-Lo so mamma. Mi piace la maestra, è sempre buona con me.

-È una delle mie migliori amiche e sono contenta che possa aiutarmi con la tua istruzione.

-Non vedo l’ora di conoscere i miei nuovi compagni di scuola. Saranno speciali come me, Artie e Pulce ?

Susan frena improvvisamente e accosta. –No. Mi pare di averti detto che nella nuova scuola non dovrai mai fare uso dei tuoi poteri e non credo ci troverai nulla di simile a quello che hai trovato alla Scuola Xavier. Potresti anche incontrare dei ragazzi che odiano i mutanti, o che ce l’hanno con i supereroi in genere o anche con noi. Non farti scalfire da queste polemiche, passa oltre. Sei qui in incognito, è molto importante che nessuno si accorga della tua vera identità. Non devi dire a nessuno che sei realmente.

-Sì mamma. Ma come posso fare ? E se volessi invitare a casa qualcuno dei miei nuovi compagni di classe ?

-Una cosa alla volta, Franklin, una alla volta. E poi sono più che sicura che tuo padre ha pensato anche a questo. Oltre al FFP abbiamo delle casette in zona, non preoccuparti.

La donna si sporge verso il sedile del lato passeggero per un abbraccio a suo figlio.

-Ok. Adesso rimettiamoci in cammino che ci aspetta un colloquio con la preside Ross.

Dopo aver ingranato la marcia, la vettura riparte verso la sua destinazione. Mentre i due parlottano il fuoristrada viene superato dalla vecchia utilitaria verde scuro della Detective Jones.

 

Four Freedoms Plaza, novantaduesimo piano. Una delle ultime aggiunte al palazzo, un laboratorio ancora senza nome: Reed non ne ha ancora trovato uno, e nessuno degli altri ha veramente capito a cosa serva. In realtà, Reed aveva pensato a un nome, “Laboratorio a geometria anti-Euclidea non-quadridimensionale”, ma fu abbandonato presto per ovvi motivi.

Tralasciando i particolari sul suo funzionamento, che occuperebbero cinquanta volta la versione commentata della Teoria della Relatività, il laboratorio è l’unico punto del pianeta totalmente al sicuro dalla manipolazione della realtà, l’unico vero punto fermo della sua dimensione.

Negli ultimi tempi i Fantastici Quattro hanno avuto spesso a che fare con radicali alterazioni dello spazio-tempo, e qualunque scienziato rabbrividirebbe al pensiero che tutti i punti di riferimento per i propri esperimenti facciano quello che gli pare; per alterare queste stanze servirebbe l’energia necessaria a sradicare le fondamenta di una dozzina di dimensioni, rendendola una perfetta pietra di paragone per l’universo.

E se questa è la spiegazione per profani, credetemi, non volete proprio sentire quella per gli scienziati.

-Non capisco perché mi ha portato qui, dottor Richards…

-Reed. E’ solo una precauzione, signor Pledgeworth, nel caso le mie congetture si rivelino esatte.

-Prima potevamo anche mandarlo a farsi una doccia, cervellone.

-Sono…desolato, mister Grimm, ma negli ultimi giorni mi è stato difficile trovare del cibo, figuriamoci dei vestiti puliti.

-Non hai niente da fare, Ben ?

-No, penso che resterò qui a contare quanti paroloni con trentadue sillabe riesci a tirare fuori in un giorno solo. Voglio capirci qualcosa anch’io con ‘sta storia…

-Allora forse non dovrei dare spiegazioni.

-Fammi un piacere, Reed, lascia le battute ai professionisti e dacci sotto con la scienza, adesso.

-Non vorrei disturbarvi, ma io sarei venuto qui per un buon motivo…

-Mi scusi, signor Pledgeworth, ci dica tutto.

Visibilmente dimagrito nonostante abbia digiunato solo per un giorno e mezzo, Harold si siede sullo sgabello in simil-plastica, stringendo tra le mani la tazza di caffè che Reed gli ha appena offerto, anche per non fargli notare l’altro braccio che si allunga per attivare un interruttore a tre metri di distanza.

-E’ cominciato tutto alla Morrison Pharmaceutics, durante lo scontro con quei mostri…

-Gli Elementi del Destino ?

-Sì. Uno di loro stava provocando dei grossi danni, un pezzo di cemento mi è caduto addosso ma non mi sono fatto niente. Poi, la mattina dopo, mentre mi stavo facendo la barba ho notato che la lametta era a pezzi, come se l’avessi raschiata su dei mattoni. Non è successo più niente per un po’, poi tutta la città è impazzita e sono stato licenziato, anche perché pare fosse stato il mio esperimento a causare la battaglia con gli Elementi. Tornato a casa ci trovai dei mostri, dei demoni, che mi attaccarono. Ci fu un’esplosione immensa che vaporizzò loro e casa mia… sembrava centrata su di me, come se fossi esploso. Dopo è andata sempre peggio… sono rimasto senza un soldo, ho dormito nei vicoli e quando mi risvegliavo stavo sempre levitando a mezz’aria. Ho provato a parlarle, dottor Richards, ma mi hanno sbattuto fuori. Ero così arrabbiato che ho dato un pugno al muro…

-…scuotendolo quasi con forza sufficiente a far cedere le fondamenta, come ho rilevato pochi minuti dopo. Ed è cominciato tutto alla Morrison ?

-Credo di sì. Dottor Richards, non mi è mai successo niente di fuori dall’ordinario prima della vostra battaglia, e sembravate tutti molto interessati a me… anche i mostri, cioè gli Elementi, credo lo fossero. Così ho pensato… che forse c’entrate qualcosa, che forse questi poteri me li avete passati voi…

-Ci capisci qualcosa in questa storia, Reed ?

-Intuisco alcuni fattori, ma mi mancano ancora dei tasselli. Quindi possiamo far risalire tutto quanto al suo esperimento chimico, signor Pledgeworth ? La sintesi del suo farmaco anti-ustioni ?

-Non vedo come…

-Forse non è necessario. Pensavo al Rasoio di Occam… - riflette Reed mentre i computer del laboratorio stampano quella che sembra una lastra con decine di colori.

-“Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” ?

-Precisamente.

-Eeeeeh !?

-“Non si devono moltiplicare gli enti oltre la necessità” – traduce Reed per la Cosa.

-E per chi non parla greco sarebbe…?

-E’ latino, Ben.

-Sì, più o meno sono tutti uguali.

-Per dirla con parole semplici, il rasoio di Occam è il ragionamento per cui tra teoria complicata e una semplice, è da preferirsi la seconda. Per esempio, per tracciare la linea più breve tra due punti si sceglie una linea retta, tralasciando tutte le altre infinite varianti. Insomma, una spiegazione deve essere il più semplice possibile.

-Teoria che tu non applichi mai, viste le spiegazioni assurde che tiri fuori… ma che c’entra con questa storia ?

-Stavo pensando che forse le mie precedenti congetture presentavano un errore di fondo, dando troppa importanza all’esperimento chimico e a tutto quello che è successo in seguito. Quando si è presentato sul tetto, signor Pledgeworth, mi si sono chiarite alcune cose. Ho capito perché il potere che altera la realtà si è focalizzato sull’esperimento, fungendo da catalizzatore ed alterando le leggi della scienza. Tutti gli indizi mi portano a credere che la fonte di tutte le anomalie, compresi i suoi poteri, sia la sua stessa mente.

-Senza offesa, Reed, ma persino io avevo capito che il centro di tutto il casino era lui.

-Non mi sono spiegato bene. L’esperimento fallito rappresentava molto per lei, non è così signor Pledgeworth ?

-Ci lavoro da anni, anche perché è l’unica idea decente che mi sia mai venuta… e si è dimostrato una fesseria, che non funziona neanche.

-Ovviamente, qualcosa ha alterato la realtà basandosi sui suoi desideri inconsci. Per questo l’ho portata qui, dove le alterazioni possono essere solo infinitesimali, e dove ho strumenti in grado di misurare la variabilità intrinseca universale, in ambiente controllato. E’ per questo che lei si trova in mezzo ad un acceleratore sub-quantistico.

Mentre Reed analizza attentamente i dati rilasciati dai potenti supercomputer della stanza, Harold si guarda intorno leggermente spaesato, constatando di essere a diversi metri da qualunque apparecchiatura, e di essere seduto su di una piattaforma metallica di circa cinque metri quadri.

-Ma…qui non c’è niente…

-Ovvio, i motori esistenziali sono nella quarta dimensione; l’unica parte dell’acceleratore veramente presente su questo piano dimensionale è l’emettitore che è sotto di lei.

-Stupefacente…

-No, sono questi risultati ad essere stupefacenti. Il centro dell’emissione di energia non è posizionato nella sua testa, come mi aspettavo, ma sulla sua spalla sinistra.

-Ah, vuol dire dove c’è il tatuaggio ?

-Quale tatuaggio ?

Harold si toglie la giacca ed apre la camicia quanto basta per mostrare la spalla. Reed si irrigidisce e quasi si morde un labbro.

-Ben, ti dispiacerebbe premere il pulsante rosso nascosto sotto la teca, all’ingresso ?

-Uh ? No…perché ?

-Dobbiamo isolare immediatamente questo laboratorio dal resto dello spazio quadridimensionale. Tieniti sempre vicino alla porta e preparati a premere contemporaneamente tutti e quattro i pulsanti sotto quello rosso.

-Okay, okay… ma a che servono ?

-A scagliare l’intero laboratorio attraverso il portale della Zona Negativa al piano di sotto, a chiudere le porte di sicurezza dei cinque piani superiori e inferiori, e a disattivare tutti i sistemi di sicurezza per gli acceleratori, disintegrando la stanza.

-Non ti sembra un po’ eccessivo per un cavolo di tatuaggio !?

-No, Ben. Nemmeno un po’.

 

La vecchia Pontiack della Jones  si ferma nel vialetto del Busiek Institute. Mentre scende dalla vettura nota che da una 4x4 appena arrivata scendono una signora bionda dall’aria familiare. La donna inforca un paio d’occhiali da vista ed improvvisamente parte dei suoi lunghi capelli scompare modellando il resto in una nuova acconciatura. Accanto a lei un bambino biondo che sa d’aver già visto da qualche parte… Ai suo occhi di detective non passano inosservati questi dettagli.

-Mamma tutto bene ?- chiede Timothy.

-Sì, sì. Andiamo dentro. Che ci stanno aspettando.

Entrambe le signore si ritrovano coi loro figli nell’anticamera dell’ufficio della preside Ross.

“Questa donna devo averla già vista da qualche parte… E visto che ho una certa esperienza in fatto di strani eventi, scommetto che ha un qualche potere magari è una mutaforma.. Oppure…”

Dall’interfono la segretaria riceve istruzioni per fare entrare la Detective Jones ed il piccolo Timothy. I pensieri della giovane ex-poliziotta vengono così interrotti.

Nello studio vengono accolti dalla preside Alexandra Ross che li mette a loro agio. La donna robusta li fa accomodare sulle poltrone di pelle scolorite dal sole che irrompe dalle finestre. Dopo una breve discussione, madre e figlio vengono accompagnati alla porta.

-Ms Thomas aspetti che finisca di parlare a Mrs Franklin e suo figlio e poi porti i ragazzini in classe per le lezioni.

-Come desidera Ms Ross.- risponde la giovane ragazza alla scrivania.

Mentre esce dall’ufficio Charlotte accenna un saluto alla donna bionda del parcheggio.

Dopo le presentazioni di rito, la dirigente scolastica rassicura la Donna Invisibile: -Ho parlato proprio ieri della sua situazione con Ms Martinez, Mrs Richards e credo che si possa dire che la nostra scuola è una delle più tranquille della Contea. Qui suo figlio potrà avere una formazione culturale ottima sotto ogni punto di vista. Ovviamente manterremo segreta la sua vera identità come richiesto da lei e suo marito. Potete star tranquilli.

-La ringrazio moltissimo. Mio marito ed io teniamo molto al futuro di nostro figlio, per questo vogliamo che cresca come tutti i suoi coetanei, che abbia una vita il più normale possibile: che partecipi alle recite scolastiche, che vada ai balli di fine anno, che partecipi alle competizioni sportive e scientifiche… Insomma vogliamo che il nostro essere superumani non influenzi la sua vita privandolo di un’infanzia normale.

-Capisco benissimo le sue preoccupazioni Mrs Richards e le assicuro che questo è il posto migliore per suo figlio.- afferma la donna avvicinandosi a Franklin e dandogli una leggera pacca sulla spalla destra.

-Bene adesso la mia segretaria accompagnerà voi,  la signora Jones e suo figlio in classe.

 

Da un’altra parte. Ci vorrebbe una settimana per darvi una vaga idea di dove si trovi adesso il laboratorio senza nome di Reed Richards, quindi accontentatevi di sapere che è altrove.

Benjamin J. Grimm osserva annoiato uno dei suoi più vecchi e fidati amici collegare strumenti su strumenti al povero neo-senzatetto, visibilmente nervoso. Vorrebbe avere con sé un orologio, per poter avere una vaga idea di quanto gli tocchi aspettare prima di poter uscire da quella stanza asettica.

“A volte vorrei tanto che Reed fosse una persona normale invece che l’uomo più intelligente e soprattutto più curioso del mondo. Cavolo, Destino sta per scatenare una guerra, e sono sicurissimo che non si fermerà al primo microscopico stato confinante, e lui si butta a capofitto in decine di nuovi esperimenti invece di andare là a fargli vedere i sorci verdi. Preferirei andare alla casa discografica con Johnny, o persino a Yancy Street, piuttosto che starmene qui in silenzio a pensare. E’ colpa mia se quella bambina è morta ? Non ero in me quando non l’ho aiutata, ma è davvero una scusa ? Ci chiamano eroi, dovremmo avere sempre il controllo su noi stessi. O ha ragione Destino, e preferiamo veramente starcene qui e fregarcene degli altri ? Su Ben, lo sai che anche queste cose mega-super-scientifiche sono importanti…solo che, forse, dovrebbero esserlo meno dei problemi reali…”

-Non dici niente da almeno cinque minuti, Ben… sei sotto il controllo del Burattinaio o sei solo annoiato a morte ?

-Come ? Oh, scusa Reed, mi sono perso forse qualche affascinante descrizione delle ultime teorie universali ?

-Solo una, in realtà. Sente qualcosa, signor Pledgeworth ?

-Un po’ di calore sul tatuaggio, ma non mi fa male.

-Bene. Quando la fonte è spenta non c’è modo di analizzare l’energia, così ho pensato di bombardare l’epidermide con-

-Ti scongiuro Reed, non un altro parolone.

-Come preferisci. Dunque, mentre gli scanner analizzano lo spettro realtico dell’energia in questione, penso sia il caso di studiare quello che ho trovato nell’Archivio dei Vendicatori.

-Vuoi dire quelle mezze calzette che ci imitano ? Beh, non dev’essere roba particolarmente tosta.

-Posso leggere o hai altre battute da fare ?

-Prima o poi ci toccherà ascoltarti, quindi parti.

-Dunque… la fonte dell’energia è effettivamente il tatuaggio. E’ chiamato Starbrand e proviene da un altro multiverso, dove è stato passato di persona in persona… pare sia trasferibile… fino a causare un disastro planetario, generando un’esplosione atomica che ha disintegrato Pittsburgh.

-C’è una Pittsburgh anche in altri universi ? Accidenti, ora il termine “pessimismo cosmico” assume tutto un altro valore…

-Continui tu ?

-Vai.

-Gli Archivi non sono molto chiari in materia, c’è pochissimo materiale e assolutamente nessun dato tecnico, se non qualche registrazione energetica fornita da Quasar. Sembra che, dopo una serie di eventi, il potere di tutti quelli che hanno posseduto lo Starbrand sia stato raccolto e purificato; non ci sono dati su come possa essere ancora sulla Terra, in teoria dovrebbe essere custodito da alcune entità cosmiche. Non c’è altro, se non diverse annotazioni sul fatto che lo Starbrand si è dimostrato capace di generare energie praticamente infinite, e che potenzialmente può alterare la realtà su scala universale. Per usare la tua definizione, Ben, è sicuramente roba tosta.

-Tutto molto interessante, ma non sarebbe il caso di prendere ancora il tuo rasoio di Occam e fregarcene ? Insomma, hai capito che il tatuaggio altera la realtà secondo i desideri di questo qui, e sappiamo che è trasferibile. Togliamoglielo ed avremo risolto tutto quanto, no ?

-Spero. Gli Archivi sono chiari sul fatto che, quando un possessore dello Starbrand lo dona a qualcun altro, mantiene il 10% dell’energia. Considerando non solo che il potere è infinito e che quindi resterebbe tale anche diviso per mille, ma che le sue energie si rigenerano in continuazione come una sorta di avanzatissima macchina del moto perpetuo… ci ritroveremmo con due Starbrand, complicando solo le cose.

-Ti sei accorto che nei venti minuti di spiegazione il computer ha iniziato ad emettere strani suoni ?

-Le analisi sono complete.

Mister Fantastic afferra i fogli emessi dalla stampante incorporata nel computer, ed analizza tabulati e grafici stampati su un composto di cellulosa e molecole instabili. Divora dati su dati, sfogliando voracemente il piccolo fascicolo.

-Per la miseria, Reed, sembra che tu stia sfogliando Playboy. Che c’è scritto lì sopra ?

-In sintesi…

-Ci credo poco ormai alle tue capacità di sintesi...

-Va contro i principi della termodinamica e di causa-effetto, ma in sostanza… Come avevo già dedotto, lo Starbrand è una fonte bidimensionale di “energia a paradosso”, cioè che viene riciclata prima ancora di essere prodotta. Una sorta di collettore ad energia di punto zero, solo che invece di attingere forza dallo spazio-tempo è collegata a qualcosa di decisamente più impalpabile, assolutamente oltre qualunque metodo di indagine possa venirmi in mente.

-Grazie per il riassunto.

-C’è di più.

-Ti pareva…

-Secondo le mie stime, lo Starbrand…qualunque cosa sia… ha un difetto di funzionamento: non è in grado di sospendere la propria creazione di energia, ed ha assolutamente bisogno di un controllo diretto e costante per essere tenuto a freno. Posso solo immaginare che la fonte di energia paradossale possa in qualche modo entrare in sintonia con la mente umana, che può così controllarla. Quello che non capisco è cosa lo stia tenendo a freno: certamente non il signor Pledgeworth, che a giudicare dai risultati ha accesso solo a quelle che posso definire le funzioni base dello Starbrand, cioè il contatto con il mondo fisico, e pochissimo altro.

-C’è un’altra energia a tenerlo a freno, allora ? – chiede il possessore del Marchio uscendo dal suo lungo silenzio.

-Non vedo cos’altro possa essere. Non posso vedere questa energia ma posso osservarne gli effetti. Non solo: non è stata influenzata dalla separazione dallo spazio reale, quindi dev’essere qualcosa allo stesso livello dello Starbrand, o persino superiore.

-O di completamente diverso.

La voce rimbomba tra le avanzate apparecchiature, come l’eco di una voce molto più distante di quanto dovrebbe essere lecito.

-Chi ha parlato ?

-Nessuno – risponde il nulla, che esce dal muro come un’ombra fatta uomo. I presenti hanno qualche difficoltà ad essere sicuri di vederlo, quando cercano di fissare quella figura più nera dello spazio profondo non lo vedono più.

-Dottor Richards, mi duole informarla che non le sarà concesso guardare oltre. Sarà il caso di trovare un modo per sistemare le cose, o sarò costretto a cancellare l’esistenza della sua intera razza.

 

Anticamera dell’ufficio della preside dello Busiek Institute.

Appena fuori dalla stanza la segretaria prende in consegna le signore e i loro figli per condurli alla loro nuova classe. Entrambe la subissano di domande sull’istituto iniziando così a familiarizzare. Si sorridono sentendo di dire le stesse cose ai ragazzini.

Mi raccomando fai quel che dice la maestra… Non ti distrarre… Comportati bene con i nuovi compagni di scuola… Queste sono alcune delle frasi che escono di bocca ai genitori in queste circostanze e alle due donne non scappa neanche una. La scolaresca accoglie calorosamente i nuovi arrivati che si siedono l’uno accanto all’altro. Sia Charlotte che Sue trattengono a stento le lacrime.

Dopo aver richiuso la porta dell’aula Ms Thomas le accompagna all’uscita della scuola e le saluta prima di tornare al suo posto di lavoro.

-Non ci siamo ancora presentate se non erro… Io sono la Detective privata Charlotte Jones e mio figlio si chiama Timothy.- fa la donna di colore cercando d’attaccare bottone.

-Il mio nome è Suzanne Franklin, piacere di conoscerla. Quello era mio figlio Richard. Lei è una detective, però… Lavoro interessante immagino.

-Beh sì, senza ombra di dubbio. Mi piace rendermi utile ed occuparmi anche di casi a cui la polizia di solito difficilmente riesce a dedicarsi a pieno.

-Di cosa si sta occupando ultimamente?

-Mi spiace ma non posso divulgare molti dettagli dei miei casi. Posso soltanto dirle che si tratta d’inquinamento e discariche clandestine di rifiuti tossici.

-Indagine delicata quindi. Mi farebbe piacere poterle essere d’aiuto, io ho molto a cuore le problematiche dell’ambiente. A casa ricicliamo molto, e da tanto tempo. Ma purtroppo sono molto presa dalle mie faccende domestiche. Ho una casa molto grande di cui occuparmi… - risponde Susan, non potendo non apprezzare l’ironia della situazione. In fondo che c’è di male a raccontare qualche piccola bugia ?

-Sì sì, immagino… Eppure sa che il suo volto mi è familiare !? Non mi prenda per pazza, ma lei assomiglia molto alla Donna Invisibile dei Fantastici Quattro !

-Eheheheh… Me lo dicono in tanti, sa.- risponde Sue cercando di fare l’indifferente, ma con un’espressione visibilmente contratta. Non sa neanche lei se mettersi a ridere o preoccuparsi.

-Mi scusi, ma senza quegli occhiali e coi capelli un po’ più lunghi sembra proprio Susan Storm. Oh no ! Ho una gomma a terra… Sempre nei momenti meno opportuni capitano ‘sti incidenti. Adesso mi toccherà mettere su la ruota di scorta…

-Se vuole posso darle un passaggio io a fino al suo ufficio - si offre l’eroina.

-Grazie, accetto volentieri.

 

In un edificio completamente diverso, Johnny Storm sta utilizzando un ascensore per la prima volta dopo mesi. Forse si è abituato troppo ai cunicoli speciali del Four Freedoms Plaza che gli permettono di percorrere tutta la struttura senza doversi preoccupare di cose come la gravità.

“Oookay…questa volta ci siamo, Johnny, è la volta buona in cui riesci a fare qualcosa di importante senza doverti appoggiare al resto del gruppo. Insomma, voglio una carriera decente no ? Non fare la superstar solo perché ho dei superpoteri. In fondo non è che sia indispensabile avere tanto talento per queste cose…”

Istintivamente nota qualcosa di strano, una fonte di calore a pochi metri di distanza. Non è pericoloso tenere qualcosa di così caldo vicino a un ascensore ?

“Ora non fare il paranoico, Johnny. Può essere qualunque cosa, in fondo. Cavolo, ci saranno almeno tremila gradi là dentro… lo sento anche da qui, sono in sintonia con il calore. Perché non l’ho mai notato prima ? Non avrei dovuto sentirlo anche all’esterno ?”

Quando termina il pensiero le porte dell’ascensore si aprono, rendendo accessibile il diciassettesimo piano. Essendoci già stato, anche se le volte precedenti aveva usato entrate molto meno convenzionali, sa già dove dirigersi. Però quel calore…

-Mi scusi – dice alla prima persona che incontra, un uomo di mezza età in giacca e cravatta.

-Ma lei è…

-Sì, me lo dicono tutti. Lei è pratico del palazzo ?

-Certo, ci lavoro da quando era della Sony.

-Accidenti, chissà quanto è costato fregarglielo.

-Oh, neanche un soldo. E’ stato un regalo.

-Un…regalo !?

-Già. Senta, lo so che è sciocco alla mia età, ma potrebbe farmi un autografo ?

-Nessun problema. Ah, non è che saprebbe dirmi cosa c’è al ventesimo piano ?

L’espressione dell’uomo è indescrivibile, mentre rimette nel taschino della giacca il piccolo block notes che stava già estraendo.

-Non c’è nessun ventesimo piano. Ora mi scusi, ma ho molto lavoro da fare…

-Ma-

-Johnny, che aspetti ad entrare ? – chiede il suo agente, che lo chiama dalla soglia. Johnny si volta un attimo verso la sua voce, perdendo di vista l’uomo con cui stava parlando.

-Strano…

 

In un luogo che non esiste, dentro uno spazio indefinibile, un uomo che non c’è viene tenuto d’occhio da due uomini che non vorrebbero essere lì, e da un terzo che ha notevoli difficoltà a comprendere la situazione. Una difficoltà più che comprensibile.

-Gommolo, una sola parola e lo pesto così forte-

-...da annoiarlo e farmi spedire in un buco nero. La sua gente dovrebbe avere una certa esperienza con gli dei iracondi, mister Grimm, quindi non mi dilungherò in dettagli.

-Allora, Reed ? L’inattività mi sta facendo a pezzi…

-Dovrai sopportarla ancora per un po’, Ben. In questa stanza non c’è nessuno.

-E’ quello che stavo cercando di dirvi.

-Cosa sei ?

-Io sono tutto quello che non è, e questo deve bastarvi. Avete già avuto a che fare con esseri del mio calibro, ed avete un rapporto molto complicato con Galactus e Uatu l’Osservatore; non dovete fare altre che ripetere schemi già applicati più volte. Questo comprende anche le eventuali domande sulla mia persona.

-Ho già sentito questa voce –  nota Harold, guardandosi intorno per capire da dove provenga la voce, senza alcun risultato – L’ho sentita…sì, poco prima del mio esperimento…

-Evidentemente abbiamo di fronte un’entità transdimensionale in grado di trascendere le comuni definizioni di spazio-tempo, esistendo su un piano di realtà più alto del nostro, che è stata capace di isolare e contenere le energie dello Starbrand, e di conseguenza trasferirle a suo piacimento.

-Evidentemente. Le sue capacità di analisi non smettono mai di sorprendermi, dottor Richards. Ben pochi potrebbero arrivare a dedurre la mia presenza, e ancora meno potrebbero definire la mia non-essenza in modo così chiaro.

-Ci siamo già incontrati ?

-Non in questa vita, per usare un’espressione locale. Avete svolto un lavoro discreto, nell’isolare il possessore dello Starbrand in questo angolo di universo, ma come avete intuito il ricorso ad una rimozione forzata è impraticabile.

-Adesso ti faccio vedere io una rimozione coi fiocchi, razza di-

-Ben, ti prego. Nemmeno io sono sicuro di potermi fidare, ma non abbiamo altra scelta che ascoltarlo.

-Come sa che intendo parlare, dottor Richards ?

-Raramente esseri di questo calibro fanno visite di cortesia.

-Tristemente vero. Sì, sono stato io a donare al qui presente Harold Pledgeworth il potere infinito dello Starbrand, e sono stato io a contenerlo il più a lungo possibile per evitare eventuali catastrofi.

-Perché fare questo !?

-Per nascondere lo Starbrand, inizialmente. Ma in realtà speravo di fare qualcosa di buono: il Marchio delle Stelle è stato, il più delle volte, uno strumento di distruzione, mentre sono fermamente convinto che possa essere usato altrimenti. Così ho scelto un uomo dall’immaginazione limitata, poca intraprendenza e senza grosse ambizioni. Troppo autolesionista per volere male al prossimo, e troppo limitato per pensare a grandi imprese. Lasciatemi dire che su questo pianeta avevo davvero l’imbarazzo della scelta.

-Ma…non è vero…io non sono così…

-Non volevo offenderla, signor Pledgeworth, solo essere obiettivo. Sapevo che i suoi desideri sarebbero stati limitati e a favore dell’umanità; lei è uno scienziato, ma senza grandi ambizioni. Pensa in piccolo, e così avrebbe potuto causare solo piccole conseguenze. La scelta ideale.

-Ma le cose sono andate diversamente dal previsto, e per creare un farmaco sono state alterate le leggi della chimica in modo quasi irreparabile.

-Sì, ma questo è semplicemente un sintomo del problema. Avevo posto dei limiti al potere dello Starbrand, e l’alterazione avrebbe dovuto essere esclusivamente locale. Anche la manifestazione di poteri fisici doveva essere impossibile. Vede il campo di distorsione, dottor Richards ?

-Sì - risponde lo scienziato osservando ancora una volta i tabulati, mentre alle sue spalle Ben sbircia per vedere gli stessi dati, grattandosi la testa.

-Il campo è completamente curvato sul signor Pledgeworth, adesso. Sta quasi collassando.

-Non mi piace quel tono, Reed. E’ grave ?

-Un potere infinito che collassa su se stesso, Ben ? L’esplosione derivante sarebbe…

-…di novemila triliardi elevato alla quadrimilionesima potenza di megatoni, grossomodo. Senza contare gli effetti sullo spazio-tempo, certo.

-E sarei…io a causare tutto questo ? – si meraviglia Harold.

-Potrebbe essere dettato dal suo autolesionismo.

-No, mi rifiuto di credere che un essere umano possa cadere in un tale stato, senza che sia più che evidente dall’esterno.

-Questo significa che gli esseri finiti sono in grado di entrare con l’energia paradossale dello Starbrand con un’estensione inimmaginabile. Ho paura di dover annichilire questo universo, per evitare il propagarsi di questo fenomeno.

-Scusate, cervelloni – interviene la Cosa massaggiandosi il collo e trattenendo a stento uno sbadiglio – ma non vi pare di costruire dei castelli per aria ? Voglio dire, se è così impossibile che sia lui a gestire l’energia e a fare tutto questo gran casino, può benissimo essere il tatuaggio.

-Certo. Come ha fatto a sfuggirmi ? E’ la soluzione più semplice, eliminate tutte quelle più complicate del necessario. L’idea che un tatuaggio possa pensare è quasi troppo pazzesca persino per i tempi in cui viviamo, ma dovendo escludere tutto il resto…

-Sì, è ragionevole. Anche se questo tipo di comportamento è assolutamente fuori dall’ordinario, per lo Starbrand. E’ come se stesse assorbendo tutte le proprie energie, pur di collassare.

-Si sta suicidando !?

-Forse. O forse… Ho bisogno del tuo aiuto, chiunque tu sia. Devo assolutamente sapere in che direzione si muove lo scambio di energie a livello mentale tra il signor Pledgeworth e lo Starbrand.

-Facile. In entrambi i sensi.

-E non è strano ? Perché ricevere ordini dalla mente del possessore, se vuole morire ? Ha affidato al signor Pledgeworth il controllo delle proprie energie più alte, così da concentrarsi su tutto il resto. Sta cambiando. Forse persino evolvendo.

-Non per insistere, ma questo non ci interessa. Non bisognerebbe concentrarsi su come toglierglielo ?

-Sì. Dobbiamo ascoltare il tatuaggio e seguire le sue istruzioni, che oramai sono chiare. Ad esclusione delle capacità fisiche, indispensabili a garantire la sua sopravvivenza, ha garantito la realizzazione di un solo desiderio, quello a cui Harold teneva di più. Quello che dobbiamo fare è assecondarlo, guidarlo affinché trasformi tutta la propria vita secondi i propri desideri.

-Ma certo, è un piano così semplice… mette a disposizione l’energia in eccesso, così da bruciarla in un colpo solo.

-Grande, se Dio vuole ‘sta storia è finita. Allora, che facciamo ?

-Basterà annullare tutti i freni inibitori che ho posto sul suo potere. Ecco, l’ho fatto.

L’istante successivo, Harold Pledgeworth è scomparso, e sulla sedia in stile postmoderno c’è soltanto il vecchio cappotto trovato in un vicolo malandato.

-Beh, tutto qui ? Ore e ore di chiacchiere, poi questo qui schiocca le dita e finisce tutto !? Rivoglio i soldi del biglietto, gente !

-Sii grato di essere ancora vivo, Benjamin J. Grimm, e di non aver compreso a fondo quanto sei stato vicino alla morte oggi. Vincere una battaglia senza nemmeno alzare un dito è il trionfo maggiore che si possa ottenere.

-Sarà. Io continuo a preferire le batoste vecchio stile a queste tecno-chiacchiere.

-Sarò felice di porvi fine, allora. Meno resterò qui, meglio sarà per tutti.

-Aspetta ! Non ci hai nemmeno detto come ti chiami…

L’uomo che non c’è si volta verso il nulla, sorridendo senza avere una faccia.

-Mi chiamano l’Inesistente. Ma se non mi chiamerete affatto sarò molto più contento.

Reed Richards e Benjamin Grimm si guardano perplessi, ed è il secondo, come al solito, a rompere il ghiaccio.

-Mi sa che la prossima volta mi trovo qualcosa da fare, invece di aiutarti con i tuoi esperimenti del cavolo…

 

Sulla strada verso lo studio di Charlotte Jones.

-Davvero una bella macchina, complimenti.- dice la detective.

-Grazie, ma l’esperto di macchine è mio marito, senza ombra di dubbio.

-In effetti Reed Richards è uno dei più grandi geni scientifici del momento nonché un grande eroe.

-E cosa c’entra adesso… Mica siamo sposati.- risponde la Storm sperando che la sua copertura non sia definitivamente saltata.

-Mrs Richards l’ho riconosciuta quasi subito. Certo è che se non avessi visto il giochetto che ha fatto per “cambiare pettinatura” forse c’avrei messo qualche secondo in più. E poi, se devo dirla tutta, non credo che un paio d’occhiali sia il massimo come travestimento, sa ? Comunque non si preoccupi. Posso immaginare il motivo che l’ha indotta a camuffarsi così. Può contare sul mio appoggio e sulla mia discrezione.

-La ringrazio molto, questo vuol dire che non dovrò cancellarle i ricordi di questo colloquio. Ahahahah !- sdrammatizza la Donna Invisibile. Poi nota lo sguardo sbigottito di Charlotte che fa una risata di circostanza che sembra più una smorfia di preoccupazione.

-Scherzavo ovviamente. Non si preoccupi. Dopo tutto sono una dei buoni io.

-Beh… Devo dare ragione a Benjamin, lei ha un senso dell’umorismo molto particolare.

-Così lei conosce Ben ?

-Sì. Ci siamo incontrati qualche giorno dopo la recente invasione di demoni a Yancy Street. Abbiamo fatto quattro chiacchiere e ci siamo intesi subito. Davvero una gran brava persona, molto dolce.

-Beh gli amici di Ben possono tranquillamente darmi del tu. Chiamami Susan o Sue se ti fa piacere.

-Anche lei, naturalmente. Ops… Anche tu, volevo dire. E chiamami pure Charlotte.- Scoppiano in una fragorosa risata.

La conversazione riprende come tra due vecchie amiche. La Detective si racconta alla nuova amica e si offre di passare a prendere anche il piccolo Franklin in caso si necessità.

Arrivate a destinazione: -Grazie Sue. Parlare con te è stato molto bello, dovremmo rifarlo presto.

-Non ne mancherà l’occasione.

-Tieni, questo è il mio biglietto da visita. Qui c’è il mio cellulare. Chiamami per qualunque cosa, ok?

-Va bene, ma il tuo numero di casa ?

-Non l’ho messo nei biglietti da visita. E poi sto cercando un altro appartamento più tranquillo di quello attuale. Timmy ed io stiamo in un condominio nel Bronx…

-Se t’interessa molti degli appartamenti del Four Freedom Plaza sono liberi, potreste venire ad abitare lì.- consiglia la signora Richards.

-Wow !!! Sarebbe grandioso. Timothy mi costruirebbe un monumento credo. Anche se non so se con tutto quel che vi succede lì sia più o meno tranquillo del Bronx.- dice ironica la Jones.

-Ti passerò a prendere quando sarà ora di riportare a casa i ragazzi così, mentre torniamo alla scuola, ti do maggiori informazioni in proposito. A più tardi.

-Grazie Susan ! A dopo !

 

Johnny Storm è abituato ad entrare dove non dovrebbe. Se non lo fosse, non sarebbe mai salito a bordo del razzo spaziale che ha cambiato per sempre la sua vita e quella di molti altri. Nonostante l’esperienza, si sente molto stupido mentre fluttua a pochi centimetri dal suolo, in un corridoio del ventesimo piano del grattacielo della Bentley Records.

“Piaaano…piano…bello questo trucchetto, dovrò esercitarmi di più per perfezionarlo. Incendiare solo le gambe e contenere tutto il calore non necessario a volare… Qui c’è qualcosa di strano, chi metterebbe mai dei sistemi d’allarme sensibili al calore umano in una casa discografica !?”

Stando più che attento a non farsi inquadrare nemmeno dalle telecamere, cronometrando il tempo necessario per attraversare il corridoio nel momento in cui stanno inquadrando un altro punto, individua finalmente la fonte del calore.

“Un ripostiglio !? E in fondo a un corridoio ? O chi ha costruito il palazzo aveva un’alta considerazione degli addetti alle pulizie, o tutto questo è molto meno che normale. Se salterà fuori che Bentley è solo un maniaco della sicurezza farò una delle figure peggiori della mia vita… sempre meno di quando ho costruito la Ragno-Mobile, comunque”.

La porta è chiusa a chiave, ma ad una prima veloce analisi non ci sono altri sensori. Per Johnny, il calore nell’altra stanza è quasi palpabile. Non c’è tempo per escogitare qualcosa di complicato: una velocissima fiammata fonde la serratura, e con uno scatto la Torcia Umana entra nella stanza e richiude la porta.

Le sue gambe ancora in fiamme non danno l’illuminazione più adatta; le spegne, per accendere il braccio e sorprendersi più del previsto.

“Se questo è il ripostiglio, l’addetto alle pulizie è Galactus…”

Infatti la stanza è di almeno novanta metri quadri, e le pareti sono ricoperte di centinaia di microscopici altoparlanti. Al centro, un incrocio tra un trono ed una sedia elettrica, con centinaia di cavi collegati ad uno strano casco fermo a mezz’aria. Johnny si avvicina con cautela, trovando finalmente la fonte del calore: un piccolo cilindro posto alla base del trono, da cui si diramano un’infinità di fili che entrano in microscopiche prese ai lati delle pareti.

“Non ci vuole Reed per capire che questa è la fonte di energia di tutto il sistema. Chissà a cosa serve ? Quella consolle di comando ha qualcosa di familiare… a differenza di tutto il resto. Sembra uno scatolone con tre grossi pulsanti, ma le scritte che c’erano sopra sono state cancellate. Forse è il caso di chiamare gli altri per fargli dare un’occhiata, ci sono parecchie cose che puzzano in questa storia e non sono i sigari di Bentley”

Preme il quattro incastonato sulla fibbia della cintura, ma senza sentire il familiare beep. Prova altre due volte, senza sentire niente.

-Accidenti, non funziona più…

-Lasciare una serratura fusa in bella vista non è il massimo della segretezza, non crede signor Storm ?

Johnny si volta, digrignando i denti quando vede il signor Bentley dietro a due guardie del corpo decisamente massicce, che gli stanno puntando contro due fucili un po’ troppo avanzati perché abbiano un porto d’armi di questo pianeta.

-Credevo che l’epoca dei fucili grossi come case fosse passata da un po’.

-C’è chi ne subisce ancora il fascino.

-Già, anche a me piace fare fuoco. FIAMMA !

Bentley sorride nell’osservare l’espressione della Torcia Umana quando scopre di non riuscire ad accendersi. E sorride ancora di più quando viene fissato con uno sguardo tutt’altro che tranquillizzante.

-Signori… volete gentilmente mostrargli quanto può essere competitivo il mondo della musica ? Anzi, senza la minima gentilezza, grazie.

 

Harold Pledgeworth ha sempre detestato le ferrovie. Troppa confusione, ma soprattutto troppe le volte in cui è arrivato in ritardo ed ha dovuto aspettare l’altro treno. Così, questa volta ha deciso di prepararsi il più presto possibile. Finendo per essere in leggero anticipo.

Controlla l’orologio. Il treno per New York partirà tra una decina di minuti, ma le sue valigie sono troppo pesanti per restare ancora in piedi. Si guarda in giro: c’è solo un posto dove sedersi, una piccola panchina occupata per metà da un ragazzo biondo con una giacca di pelle.

-Le dispiace se mi siedo qui ?

-No – risponde il ragazzo senza alzare lo sguardo dalla rivista di moto.

Harold si siede e sistema un po’ i suoi bagagli perché occupino meno spazio possibile. Per qualche secondo si guarda in giro, pentendosi di non essersi portato qualcosa da leggere. Dall’altoparlante annunciano che il treno per Pittsburgh ha trenta minuti di ritardo. Il ragazzo richiude la rivista e si appoggia al muro, massaggiandosi il collo, visibilmente contrariato.

-Lei deve andare a Pittsburgh, immagino.

-Ottima deduzione.

-Non per niente sono uno scienziato.

-Uh-uh.

“Solo a me poteva capitare questo qui…” pensa il ragazzo.

-Proprio domani inizio a insegnare alla State University. E’ mai stato a New York ?

-Ieri.

-Ah, davvero ? Come mai ?

Il ragazzo lo guarda un po’ storto, non gradendo molto la confidenza.

-Se non sono troppo indiscreto…

-Sono stato a trovare un mio vecchio amico che fa lo psicanalista.

-Non potrebbe darmi l’indirizzo ? Ho fatto un sogno stranissimo giusto stanotte, e in città non conosco nessuno…

-Mi dispiace, ma è in ferie in questo periodo – risponde controvoglia, pensando in realtà “Col cavolo che gli faccio il piacere di trovargli un cliente !”

-Nel sogno mi andava tutto storto per colpa di una specie di tatuaggio, ed incontravo Reed Richards… Chiamava il disegno “Starbrand”…

-Uh-uh.

-Proprio una cosa strana. Mi chiedo cosa possa significare… ho fatto anche un disegno del tatuaggio, per non scordarmelo.

Dalla tasca estrae un piccolo foglietto bianco, su cui è disegnata con cura una specie di stella stilizzata. Poi la rimette nella tasca e si alza in piedi.

-Credo che il mio treno stia per arrivare. Beh, buona giornata signor…

-Connell. Keith Connell.

Harold si abbassa per prendere le due valigie e si allontana. Keith pensa a che razza di gente si possa incontrare. Poi nota un foglietto bianco per terra. Lo raccoglie: è quello che aveva in tasca il rompiscatole.

-Ehi, signore ! Aspetti ! – lo chiama, ma il treno per New York è appena arrivato. Keith rimane in piedi, sentendosi un idiota.

Guarda il foglietto, chiedendosi che razza di sogno assurdo potesse essere. Lo mette nella tasca posteriore dei jeans, e torna a sedere.

“Figuriamoci se poteva perdere qualcosa di valore…”

 

 

mai la

FINE

 

 

 

Note

Ebbene sì, lo ammettiamo, questo episodio serviva principalmente per risolvere tutti i problemi inerenti lo Starbrand, ma soprattutto a fare da trampolino di lancio per la nuovissima serie regolare di MarvelIT, in cui tutto ricomincerà (quasi) da capo. Speriamo di avervi divertito comunque, trattando sia il lato familiare dei Fantastici Quattro che quello più fantascientifico e cosmico-esistenziale… e vi assicuriamo che i prossimi episodi saranno più corti, tranquilli ;-)

Guest-star dell’anomalo episodio l’ancora più anomalo Inesistente, personaggio creato sulla serie Marvel IT di Quasar, e di cui sappiamo ben poco oltre a quello a cui è stato accennato in questa storia (il che è tutto dire). Rivedremo ancora il signor Pledgeworth ? Che succederà al foglietto con l’eredità dello Starbrand ? Chi è Keith Connell ? Per la risposta a queste domande, una volta passato il mal di testa, leggete Starbrand #1 !

Per sapere cosa si cela dietro l’apparentemente innocua Bentley Records, quale sia la missione di Charlotte Jones e come si evolverà la situazione politica a Latveria e dintorni, purtroppo non vi resta che continuare a leggerci !